TWENDE BERLIN
Tutte le strade portano a Berlino
Un uomo con una tuta da lavoro blu e un cuore di cartapesta sul capo è stato imprigionato nel 1970 in un centro commerciale di Nairobi, costruito là dove una volta c’era un mercato. L’aguzzino è il moderno progresso di eredità liberale e colonialista.
Il nostro paladino Upendo Hero (upendo in keniano significa “amore”) evade dopo quasi quarant’anni di detenzione e insieme al gruppo rap degli Ukooflani si mette in marcia verso Berlino. La missione è conoscere come nella metropoli europea si combatte lo stesso fenomeno che ha oppresso la capitale del Kenia e comprendere meglio quali sono le perverse dinamiche che agiscono nelle operazioni delle multinazionali.
Il gruppo nella sua permanenza tedesca compierà un percorso tra i centri culturali rappresentativi di Berlino incontrando vari esponenti della classe creativa, come collettivi artistici, performer, musicisti e associazioni, che diffondono l’amore per lo spazio pubblico. Incontri, luoghi, storie: ognuno di essi viene condensato dagli Ukooflani in una canzone e in un video musicale dove i ragazzi africani si fondono attivamente con il tessuto artistico e creativo della città e con i suoi protagonisti. Del resto la musica è il linguaggio universale per eccellenza e il raggae, l’hip-hop e il rap veicolano messaggi compresi da tutti, senza distinzione di razza.
L’obiettivo comune dei tedeschi e dei keniani è la salvaguardia dello spazio pubblico, contro un sistema capitalistico che vuole la distruzione delle aree gratuite ad uso collettivo per costruire spazi commerciali dove i “gentleman” possono trovare tutto quello di cui hanno bisogno. Il processo di rendere eleganti aree urbane dequalificate per consentire alti guadagni ai proprietari immobiliari prende il nome di “gentrification”, un fenomeno che ha già intaccato Parigi.
Quando si vuole civilizzare uno spazio si creano servizi dedicati unicamente alle persone ricche, di modo che i “barbari”, i vecchi abitanti dell’area, si ritrovano a vivere in mezzo a servizi di cui non hanno bisogno e sono costretti ad abbandonare il quartiere. Questo è il dannoso paradosso che emerge dall’operazione: un servizio futile che non si vuole e di cui non si ha bisogno ma che la collettività si ritrova a dover pagare, e a caro prezzo. Paragonabile a quando un lavavetri incomincia a pulire i finestrini dell’auto senza preavviso ed obbliga al pagamento, come inscenato in una performance del gruppo Pony Pedro.
Anche gli attivisti berlinesi vogliono riqualificare spazi in disuso o zone ghettizzate della città, certo non per renderli redditizi in un mercato immobiliare, ma per restituire alla cittadinanza un bene comune.
Berlino è la città della riappropriazione di spazi urbani per eccellenza perché dopo la caduta del Muro e la fine delle barriere divenne vitale per i cittadini occupare aree decadenti e inutilizzate per riaffermare il concetto di spazio libero e gratuito a disposizione della collettività, un concetto che era stato indebolito dagli ultimi 40 anni di storia. Simboli di questa tendenza, insieme al Raw Tample e allo Yam, sono il Tacheles, che ora rischia di chiudere e di essere sostituito da un centro commerciale, e l’East Side Gallery, la galleria d’arte moderna pubblica all’aperto più grande del mondo.
In una delle ultime scene POP, un componente della band africana, fa un sogno: in questa visione kitsch e ironica dei riti delle antiche tribù keniote, si riafferma il dovere di non dimenticare le proprie radici e di consolidare la propria identità. La “gentrification” infatti opera anche in questo senso: allontana gli uomini favorendo la disgregazione sociale, la disumanizzazione, la diffidenza verso il prossimo e l’individualismo.
Nonostante le difficoltà, Berlino è una città che promette molto bene. Se un suo abitante, un bambino di nove anni, crea un’importante campagna di sensibilizzazione per incentivare il riciclaggio e consentire un guadagno a persone disagiate che raccolgono bottiglie di vetro per strada, c’è da sperare che il cammino intrapreso sia il più giusto e il più fruttuoso.
Il messaggio di Twende Berlin è chiaro e importante, soprattutto se letto anche alla luce degli ultimi sfortunati eventi accaduti al centro Bartleby di Bologna: impegnarsi costantemente nel quotidiano, riconquistare i propri spazi gratuiti e pubblici e diffondere un concetto di libertà, multiculturalismo, vitalità, resistenza e creatività con le proprie azioni.
Margherita Lanzi