Il film racconta la storia di Ala’a, una diciannovenne siriana che vive a Chicago con la propria famiglia da quando era bambina. La giovane frequenta l’università ma a differenza delle sue coetanee, Ala’a è un’attivista contro il regime di Bashar Al Assad e l’arma che ha deciso di utilizzare è quella dei social network, mezzo su cui trascorre la maggior parte del tempo libero tramite pc e cellulare.
Attraverso strumenti mediatici, come Twitter, Facebook, Skype e Viber, Ala’a riesce ad organizzare e coordinare le manifestazioni in Siria ed a fine giornata a caricare i vari video su youtube. Attraverso la storia di Ala’a, conosciamo altri tre ragazzi, Omar, Aous e Bassel. Ciò che accomuna questi giovani è la scelta di affrontare il regime pacificamente, soltanto con una fotocamera in mano.
#chicagoGirl focalizza l’attenzione sull’importante ruolo che hanno avuto i social network nella preparazione, organizzazione e sviluppo della rivoluzione siriana. È grazie ai video diffusi dalla popolazione che riusciamo a scoprire i massacri compiuti da Assad. È grazie a strumenti come la fotocamera nascosta all’interno di una penna che veniamo a sapere delle umiliazioni e torture che subiscono le persone nelle carceri siriane.
Da #chicagoGirl emerge una riflessione non indifferente sulla visibilità tra drammi del passato e del presente, come per i fatti dell’82, in cui la città di Hama venne distrutta e più di 20.000 persone persero la vita. A nessuno giunse notizia soprattutto a causa della mancanza di mezzi di diffusione di massa, a differenza della rivoluzione di questi ultimi quattro anni in cui ogni piccolo aspetto del conflitto è stato documentato e diffuso.
La storia di Ala’a è simile a quella di molti ragazzi siriani all’estero, giovani che hanno trascurato o persino lasciato gli studi per seguire la rivoluzione e dare il proprio contributo alla storia.
Ci sono molti Omar, Aous e Bassel in giro per la Siria che hanno messo a repentaglio la propria vita – alcuni l’hanno pure persa – per documentare gli avvenimenti.
Il film quindi ha ben rappresentato una buona fascia della popolazione siriana, non parla solo di casi isolati.
La storia è molto coinvolgente, in alcune scene si ha la sensazione di camminare nelle strade riprese, di sedere in quella stessa stanza dove vivono Aous e Bassel, di gridare con tutta la fibra vitale in mezzo alle manifestazioni al fianco dei ragazzi.