Guaritori di ieri nel mondo di oggi
di Andrea Pedrazzi
Chissà cosa si aspettavano Federica di Giacomo ed Andrea Sanguigni nel momento in cui hanno deciso di scrivere il soggetto di “Liberami”, documentario diretto dalla stessa Di Giacomo ed ambientato nella provincia siciliana. Il delicatissimo tema trattato, quello dell’esorcismo, rende difficile dare un’interpretazione lucida di quanto mostrato senza lasciarsi influenzare da credenze o scetticismi di sorta e che ciò abbia influenzato anche la regista nel momento in cui si sia trovata di fronte a determinate situazioni è palesato da alcuni tratti dell’opera.
Il film ruota attorno alla figura di Padre Cataldo, frate siciliano specializzato in pratiche di esorcismo e molto conosciuto a livello locale. Come viene mostrato in una delle sequenze iniziali, quest’uomo è un personaggio di grande richiamo. Lo è ad un punto tale da attirare molti credenti da zone più o meno remote della regione con l’intento di assistere alle sue messe, all’interno delle quali vengono praticati riti con lo scopo di scacciare le presenze sataniche dai corpi di persone presumibilmente possedute da spiriti demoniaci. Le pratiche di Padre Cataldo vanno ad intrecciarsi con le vite di Gloria, Enrico, Anna, Giulia e molti altri, i quali ogni martedì seguono la sua messa di liberazione. Persone che nel tentativo di risolvere i propri problemi si rivolgono al padre per motivi differenti. C’è chi lo fa su pressione di una famiglia fortemente religiosa, chi opta per questa via dopo aver tentato inutilmente il percorso medico-scientifico, oppure chi, pur non credendo nell’Istituzione ecclesiastica, sostiene che la causa dei propri disagi non sia da attribuire ad una natura umana. La macchina da presa ci mostra in maniera ravvicinata la situazione di queste persone senza mai schierarsi apertamente a favore o contro la pertinenza o la necessità di tali metodi, ma lasciando comunque trasparire una marcata nota di scetticismo nei momenti in cui ci si sofferma su certe contraddizioni.
Su tutte, la figura stessa di Padre Cataldo. Uomo con una certa esperienza (77 anni) il quale può tranquillamente liquidare una conversazione telefonica durante la quale si è svolta una disturbante seduta di esorcismo con un semplice augurio di buon natale. Il frate viene mostrato continuamente come un personaggio anemico, mosso più dall’inerzia che da vere e proprie convinzioni. Il suo modo di approcciarsi ai problemi dei fedeli, dando loro spiegazioni riguardo agli stessi e riconducendo in maniera retorica ogni loro turbamento alla mancanza di fede, viene sottolineato più volte dalla regista, la quale sembra voler dimostrare quanto la mentalità del protagonista rimanga ancorata alle tradizioni risultando inefficace e quasi ridicola nel contesto contemporaneo. In questo senso non mancano scene con una certa dose di comicità, palesemente voluta dagli autori e trasmessa allo spettatore.
Ma è proprio questo il punto. “Liberami” non è ambientato nel mondo ateo e metropolitano di oggi. Gli ambienti in cui si svolgono i fatti mostrati sono realtà ben distanti dal mondo contemporaneo. La chiesa all’interno della quale hanno luogo la maggior parte delle scene risale ad un’epoca passata, distante da noi quanto la mentalità di chi porta proprio figlio da un frate esorcista solo per il fatto che abbia manifestato un comportamento indisciplinato a scuola. Le persone che si rivolgono all’esorcista sono profondamente convinte di poter essere aiutate da lui, riponendo fiducia nei suoi consigli e mostrando la propria fede con la partecipazione alle sue cerimonie. Si recano agli incontri con Padre Cataldo come alle sedute di un medico, la chiesa è il loro ambulatorio, la fede la loro medicina.
Tutto ciò viene mostrato in maniera scrupolosa. Vengono riportate tanto la convinzione dei credenti quanto la tranquillità del frate nel tentativo di aiutarli, ma lasciando un certo (e forse necessario) strato di dubbio riguardo alle vere motivazioni sia dell’uno che degli altri. A ciò consegue un singolare stile registico adottato per questo film. Le varie inquadrature ed il montaggio serrato uniti all’assenza di voci narranti e sguardi in camera lo rendono molto vicino ad un racconto di fiction, pertanto la mancanza di un raffronto diretto con i protagonisti rende molto difficile fare assoluta chiarezza riguardo la loro condizione. Diversamente, però, entrerebbero in gioco le varie credenze e scetticismi di cui sopra, le quali difficilmente renderebbero possibile una narrazione oggettiva della vicenda.
Federica di Giacomo ha, quindi, giustamente deciso di non raccontarci una storia di gesta eroiche da parte di un frate guaritore o di malefatte perpetrate da un impostore che lucra sulle disgrazie altrui. Si è limitata a rappresentare una realtà percepita come lontana da noi, ma drammaticamente attuale (come spiegato dalle uniche didascalie presenti). Alla stampa veneziana del festival, “Liberami” era stato presentato come un film “non sulla religione ma su come la religione può essere vissuta” e questo è esattamente quello a cui si assiste durante la visione di questo interessante documentario, tanto disturbante quanto ironico, tanto sacro quanto profano. Un’opera di contraddizioni che insinua il dubbio in chi vi si accosta ed in cui il limite tra realtà e finzione è sottile tanto nella messa in scena quanto può esserlo nei contenuti. Un’opera capace di relazionare concetti apparentemente distanti fra loro quanto tradizione e contemporaneità, quanto una seduta di esorcismo ed un pranzo fra colleghi.