THE LEGEND OF SWEE’ PEA
Lloyd Daniels, oltre gli scandali e la palla a spicchi
di Andrea Pedrazzi
“My name is Lloyd Daniels, my mother died when I was four years old. I have lived in New York all my life. There is a lot of crime. I started playing ball when I was about eight years old on the playground”.
Con parole semplicissime come queste, Lloyd Daniels cerca di descrivere se stesso all’interno di un tema risalente alle scuole superiori. Studi, peraltro, mai completati a causa del suo scarso rendimento in quell’ambito. La palla da basket è stata da sempre la sua forza e la sua compagnia prediletta. Ciò che lo avrebbe potuto rendere un mito, uno tra i più grandi, ma che probabilmente è servita a molto di più, salvandogli la vita nei momenti più bui. Il documentario di Benjamin May non si sofferma eccessivamente sugli episodi traumatici che costellano l’infanzia dell’ex giocatore di basket, preferendo conferire una maggiore rilevanza agli eventi che negli anni successivi hanno impedito al suo talento di emergere come probabilmente avrebbe meritato, senza permettergli di passare alla storia come una leggenda dello sport e condannandolo ad essere ricordato come una delle più grandi promesse non mantenute.
Una delle figure principali nella vita di Lloyd Daniels, è rappresentata dal coach Jerry Tarkaninan conosciuto in occasione del vano tentativo di entrare a far parte della UNLV, squadra appartenente all’Università del Nevada. Vano soprattutto a causa di uno scandalo legato al possesso di droga e destinato a segnare la carriera dell’atleta anche negli anni successivi. A questo dramma seguì un periodo di disintossicazione, ma i problemi non cessarono nemmeno dopo il superamento di questo ostacolo. Due anni dopo, Daniels venne coinvolto in una sparatoria nella quale subì tre colpi di proiettile al petto. Le sue condizioni si rivelarono critiche, ma riuscì a sopravvivere ed incredibilmente a tornare a giocare, nonostante uno dei proiettili non potesse essere estratto dalla sua spalla. Negli anni successivi la figura di Tarkanian tornò ad avere un ruolo centrale nella vita del cestista. Quando Tarkanian fu nominato coach dei San Antonio Spurs nella stagione 1992-93, decise di portare con se il ragazzo facendolo debuttare in NBA. Il legame tra i due viene sottolineato più volte all’interno del film e dalle brevi dichiarazioni dell’allenatore emergono tutto l’affetto e l’ammirazione nutriti per quello che Tarkanian definisce come “il miglior talento con il quale abbia mai avuto a che fare”. Daniels non mancò di farsi notare anche all’interno della massima lega del basket statunitense, ma la sua indole indisciplinata e poco incline al compromesso non gli consentì di ritagliarsi uno spazio adeguato. Giocò in diverse squadre, ma non riuscì mai a costruirsi una carriera degna delle sue possibilità.
Il fine principale di questo documentario non è, quindi, raccontare i trionfi di un fenomeno sportivo o l’ascesa e la caduta di un campione del passato. “The legend of Swee’ Pea” si propone di essere un’opera più intima ed umana. Non concentrandosi essenzialmente sull’odissea sportiva del protagonista, ma ripercorrendo tali eventi come spunto per una riflessione personale, il film abbandona la cronaca per concentrarsi sui contrasti e le difficoltà che hanno impedito al talento di Daniels di sbocciare.
L’opera è costellata dalla presenza e dalle testimonianze di personalità che si sono trovate in contatto, in maniera più o meno diretta con “Swee’ Pea”. Si passa dai familiari a personalità sportive quali allenatori, giornalisti fino all’avvocato che si incaricò di aiutarlo nei difficili anni di inserimento al college. Ma la figura centrale attorno al quale tutto ruota è Lloyd Daniels. È lui l’anima del film. Il suo aspetto buffo (il soprannome Swee’ Pea deriva dalla somiglianza del giocatore con il Pisellino di Braccio di ferro) ed il fiume in piena delle sue parole lo rendono un personaggio cinematografico eccezionale, capace di creare un’empatia immediata con lo spettatore. Un personaggio complesso capace di esplodere in tripudi di gioia nel momento di incontrare vecchi amici quanto di commuoversi nel rivisitare i luoghi degli incubi passati o riflettendo sul tempo trascorso e le opportunità sprecate.
Proprio qui sta la vera anima di questo racconto. Un’anima malinconica che ha vissuto innumerevoli esperienze contrastanti e che è rimasta con l’atroce rammarico di non aver saputo sfruttare ed apprezzare al meglio le occasioni che le si sono presentate. Questo è ciò che maggiormente emerge dallo sguardo e dalle parole di un Lloyd Daniels di mezza età nel momento in cui è chiamato a ripercorrere i decenni che si è lasciato alle spalle.
Un film per chi ama il basket, lo sport ed i campioni, ma soprattutto un’opera che chiama a riflettere sull’importanza del tempo che stiamo vivendo per non ritrovarci soffocati dal rimpianto quando questo si sarà trasformato in un semplice ricordo.