L'Arbitro di Paolo Zucca (Recensione di Leonardo Mazza)

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L'Arbitro di Paolo Zucca (Recensione di Leonardo Mazza)

Apparentemente nelle prime scene il film sembrerebbe voler raccontare la solitudine dell’arbitro, anche il regista Paolo Zucca vorrebbe farcelo credere citando il film Kill the Referee (letteralmente Uccidi l’arbitro), un film documentario del 2009 presentato al Festival di Locarno, prodotto con il sostegno della UEFA.

Non è difficile capire perché la pellicola sia stata selezionata nella sezione Giornate degli autori della 70° Mostra del cinema di Venezia, il film è godibile e, il limite linguistico del dialetto sardo è un falso problema, scorre molto velocemente tra paradossi: l’allenatore cieco, il panchinaro zoppo, e personaggi al limite dell’assurdo come Miranda (Geppi Cucciari).

Il film è ambientato nel sassarese, in un campionato di terza categoria, nello specifico nella rivalità tra l’Atletico Pabarile e il Montecastru; in parallelo c’è la storia della carriera di Cruciani (Stefano Accorsi), detto il Principe per il suo modo estetico di arbitrare.

ARBITRO TIFOSIL’Atletico Parabile è la squadra più scarsa del campionato che viene umiliata come ogni anno dal Montecastru, la squadra di Brai (Alessio Di Clemente), arrogante proprietario terriero pronto a vessare i suoi dipendenti tifosi/giocatori dell’Atletico in quanto padrone.

La competizione si fa serrata quando Matzutzi (Jacopo Cullin), fuoriclasse emigrato in Argentina, torna in Sardegna e indossa la maglia dell’Atletico Pabarile e da quel momento l’ultima della classe comincia a risalire la classifica del campionato; parallelamente anche l’arbitro Cruciani risale la sua personalissima classifica affidandosi al designatore internazionale Candido (Marco Messeri), personaggio ispirato a Innocenzo Mazzini, soggetto coinvolto in Calciopoli.

Da qui in poi i riferimenti alle vicende nazionali e internazionali del calcio cominciano a piovere, l’Atletico subisce un arbitraggio ingiusto da parte di un arbitro di nome Mureno (Francesco Pannofino), fin troppo facile. Anche il Principe sta per arrivare alla finale ma per farlo deve addomesticare un risultato, cosa che fa ma per la vergogna si flagella con un mazzo di gigli. Non in sedicesimi e nemmeno in trentaduesimi ma è addirittura in sessantaquattresimi la fotografia della FIFA, che nel film si chiama FEFA e del calcio italiano.

Le figure iconiche della fotografia sono dei riferimenti fortissimi, fino al punto di diventare un altro livello di linguaggio e l’uso del bianco e nero da al tutto un fascino diverso, il film si muove su diversi livelli simbolici e metaforici.

Non a caso il nome dell’arbitro è Cruciani (dal latino crux, naturalmente) e dovrebbe rappresentare l’incarnazione della legge suprema e il giudice inflessibile, ma è umano e quindi anche un peccatore, un penitente, il capro espiatorio; infatti come un Cristo è il salvatore delle sorti dell’Atletico Pabarìle e infine come un santo beatificato viene portato in processione. È chiaro che Zucca si è divertito a disseminare simboli religiosi, madonne, crocifissi e aureole in tante scene del film, fino alla citazione più evidente dell’ultima cena di Leonardo.

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Il film inizia con una frase di Camus che recita: «tutto quello che so della vita l’ho imparato dal calcio», ma si tratta di una traduzione semplificata, la frase originale è: «tutto quello che so della morale e dei suoi imperativi l’ho imparato sui campi di calcio». Quello della moralità è il principale aspetto del film: quella di Cruciani, dogmatica ma flessibile quando serve, quella orgogliosa del prepotente antagonista Brai (l’unico personaggio del film che non è un imbroglione), fino ad arrivare a quella feroce e ancestrale dei due cugini coinvolti in una faida di pastorizia, sicuramente non condivisibile ma adamantina nella sua dinamica.

Forse alla fine del film val la pena ricordare che in fondo è un gioco, e non c’è modo migliore per farlo che ricordare le prime fasi del film:

, Che cos’è questo?

-Un pallone sgonfio.

-Una sfera.

-Una ruota.

No. Questa è aria. Aria foderata di cuoio. E l’aria vola. Aìs Cumprendiu?