Giunge al suo terzo appuntamento al LOFT Kinodromo il progetto Festivi & Seriali, la grande rassegna dedicata al binge watching di serie tv organizzata da Serial K – Le Serie Tv in Radio, l’unica trasmissione radiofonica interamente dedicata alle serie tv e Kinodromo con la collaborazione di Radio Città del Capo e Seriangolo.it.
Un grande evento crime e legal: in una sola giornata tutti e sei gli episodi dell’incredibile The Jinx, serie americana del 2015 scritta e diretta da Andrew Jareki e prodotta da HBO. Probabilmente la più grande sorpresa della stagione televisiva, The Jinx rivoluziona il concetto stesso di docufiction, mettendo in scena l’incredibile one-man-show di Robert Durst, il multimilionario erede di una delle più importanti famiglie di New York, accusato di aver commesso, nell’arco di trent’anni, ben tre efferati omicidi. Colpevole o innocente?
Via San Rocco 16 | Bologna
Domenica 31 gennaio 2016
Presentazione h14.00
Inizio proiezioni h14.30
Entrata libera con obbligo di tessera AICS
Durata: 1 Stagione – 6 episodi – 280’
Lingua: Inglese (con sottotitoli)
Autore: Andrew Jarecki
Canale: HBO
Anno: 2015
Nazionalità: USA
Link IMDB: http://www.imdb.com/title/tt4299972/
“The Jinx” è una delle più recenti produzioni di HBO, l’emittente televisiva americana che è diventata, negli ultimi 20 anni, sinonimo di innovazione linguistica, temi forti e linguaggio adulto. Da questo punto di vista, la serie creata da Andrew Jareki risulta assolutamente ortodossa allo stile e fedele alla linea del network padre di “The Wire”, “I Sopranos” e “True Detective” (giusto per citare alcuni dei titoli più famosi). Di più, può legittimamente sostenersi che “The Jinx” (assieme probabilmente all’inglese “Black Mirror”) sia uno dei prodotti televisivi più importanti ed innovativi degli ultimi anni.
La serie, infatti, non solo è stata capace di rivoluzionare e rivitalizzare un genere (il documentario), trasformando un prodotto di nicchia in un blockbuster assoluto, ma ha fatto da apripista a un nuovo modo di intendere il crime e concepire l’intrattenimento televisivo. “The Jinx”, infatti, è riuscita ad intercettare la fascinazione collettiva per il torbido, la passione per le storiacce di cronaca nera, la morbosa curiosità per i delitti celebri, specie se irrisolti, e convogliarle in un prodotto che, più che al linguaggio giornalistico o cronachistico, si ispirasse ai codici emotivi e linguistici del crime, del thriller e del procedural.
“The Jinx”, infatti, è una serie che parla come un documentario, mette in scena la vicenda come una fiction, indaga come uno sbirro e, per giunta, riflette sul vocabolario dei media, sul loro ruolo e sui loro effetti come nei migliori trattati di semiotica e di filosofia del linguaggio. Il tutto, analizzando meticolosamente un caso di triplice omicidio sul quale, per 30 anni, si son impantanati detective e agenti federali degli Stati Uniti.
La scena mediatica americana, particolarmente sensibile alla fascinazione del macabro, è stata letteralmente dominata, per oltre un quarto di secolo, dai fatti di cronaca nera che sono alla base di “The Jinx”. Questi delitti, infatti, oltre ad essere assai efferati e ad avere tutte le caratteristiche del giallo, coinvolgevano in prima persona l’erede di una delle dinastie di costruttori più ricche e famose di New York: tale Robert Durst.
Conseguentemente, gli ingredienti per rendere il caso-Dust un vero e proprio culto per gli appassionati del torbido e del mistero c’erano tutti. In Italia, magari, non tutti sanno chi è Robert Durst, ma in America, soprattutto ai tempi, il suo nome e quello della sua famiglia era sulla bocca di tutti. Giusto per rendere l’idea, è come se Gianni Agnelli, negli anni ’80, fosse stato accusato di essere il Mostro di Firenze!!!
Andrew Jarecki (regista e ideatore della serie) e il suo staff, per la verità, già in passato si erano appassionati alla vicenda e, nel 2010, avevano realizzato addirittura un film, “All the good things”, con Kirsten Dunst e Ryan Gosling. Il film, però, non lo aveva visto quasi nessuno. Quasi, perché la pellicola suscitò, in effetti, l’attenzione del più importante degli spettatori: Bob Durst in persona, il quale, dopo aver assistito alla proiezione, decise sua sponte di contattare il regista per poter dare, per la prima volta in 30 anni, la sua personale versione dei fatti che stavano alla base delle accuse che lo avevano perseguitato per tutta la vita.
Ne esce un prodotto mai visto prima: materiali d’archivio e ricostruzioni di fiction che si alternano ad una lunghissima intervista in cui Durst riflette sul processo mediatico di cui è stato oggetto, sulla infondatezza delle accuse che gli sono state rivolte e si presenta al mondo come un eccentrico, ma tutto sommato innocuo, agnello sacrificale. Ovviamente, c’è molto di più: ci sono anche le opinioni dei giurati, dei giudici, dei poliziotti, dei parenti delle vittime. Ogni omicidio viene analizzato, ricostruito e studiato come in una meticolosa e spettacolare indagine poliziesca. E Durst è sempre in prima linea a fornire ogni dettaglio, a rispondere ad ogni domanda e a sostenere, con la propria faccia e il proprio corpo, il peso di una detection che sarebbe stata insostenibile per chiunque altro. L’intervista di Durst, nel corso delle varie puntate, diventa sfogo, confessione, pantomima, show, interrogatorio e farsa.
Il risultato è qualcosa d’inimmaginabile e di completamente inedito; innanzitutto perché, pur essendo un documentario e rispettandone tutti i crismi, lo spettatore e il regista stanno quasi sempre sullo stesso piano: entrambi condividono gli stessi dubbi e, fino all’ultimo, non hanno la più pallida idea di quale sarà la verità, né se ne emergerà mai una. Inoltre, il ritratto che Durst offre di se stesso è qualcosa che rasenta l’incredibile: con i suoi mille tic, le sue facce stranite, il suo look da chi è rimasto indietro di qualche decennio con le logiche del glamour, i suoi tremendi lutti familiari, i conflitti edipici, le plurime accuse, le invidie, la sessualità deviata e i suoi pulloverini di lana, costruisce una figura al limite del grottesco, con la quale, nonostante tutto, lo spettatore finisce per empatizzare. “The Jinx” diventa quindi “Sympathy for the Devil” e, fino all’ultimo, si diverte un mondo a giocare con la morale stessa del pubblico e del regista: ma Bob è innocente o è colpevole? ci fa o ci è? ha solo una tremenda sfortuna o è il male impersonificato? E, pian pianino, s’insinuano nella testa dello spettatore pensieri tremendi: può essere colpevole, ma gli vogliamo anche un po’ di bene. Può essere innocente, ma con tutti i suoi miliardi meglio a lui che a noi.
Ma soprattutto: noi che guardiamo, crediamo alla sua versione dei fatti? E qual è la Verità quando tutti hanno una loro personale versione delle cose già cristallizzata e predefinita? Può la verità emergere da un processo giudiziario? da un documentario giornalistico? dalle accuse dei parenti delle vittime? dalle indagini della polizia? dai giuramenti dell’accusato? Ed ogni puntata, spietatamente, racconta una diversa verità che si confonde e si sovrappone a tutte le altre: quella degli inquirenti, quella dei giornalisti, quella degli atti giudiziari e quella dei parenti delle vittime. Oltre, naturalmente, a quella di Durst.
Con rispetto parlando, altro che le sparate pseudo-filosofiche recitate dagli sbirri di “True Detective”, tra una birra sgasata e l’altra: qui siamo di fronte alla VITA VERA, con un megalomane milionario che grida “al complotto” mentre, narcisisticamente, si mette a nudo davanti alle telecamere per recitare l’apologia di se stesso, in un’intervista detection che, nel corso delle puntate, spazia tra il legal thriller, il crime movie e l’horror più efferato.
Ogni episodio affronta un tema preciso di quella che è stata la vicenda Durst: le indagini, il processo, l’eco mediatica, i giudizi degli inquirenti e le opinioni delle persone coinvolte. Quello di cui pian piano ci si rende conto, nel procedere dello show, è di come sia quasi impossibile, in vicende come questa, riuscire a conservare il giusto equilibrio; a mantenere l’equidistanza necessaria per poter analizzare le cose per quello che sono e non per quello che sembrano. La forza di “The Jinx” e la maestria di Jareki risiedono proprio nella straordinaria e mirabile capacità di non cadere mai nella tentazione del sensazionalismo e della becera emotività; col senno di poi, sembra facile, ma sfido chiunque a raccontare una storia come questa senza sbattere il mostro in copertina o speculare sul vittimismo da quattro soldi. Puntare il dito e dipingere Durst come un maniaco assetato di sangue, enfatizzando solo i suoi lati più oscuri, sarebbe stato molto proficuo in termini di presa sul pubblico. Sempre morbosamente assetato dei dettagli più infimi e sempre appagato dalla caduta degli dei. Altrettanto facile sarebbe stato eleggerlo a vittima del sistema; ingiustamente perseguitato, solo perché famoso. Aspettare invece che la Verità emergesse dai fatti ha impiegato 10 anni di durissimo lavoro. I fortunati che vedranno la serie potranno rendersi conto di quanto ne sia valsa la pena.
“The Jinx”, probabilmente, resterà un unicum irripetibile. Difficile non solo scovare un altro caso del genere, ma anche pensare che esista, da qualche parte, un altro Robert Durst: un autentico mattatore della scena, capace di catalizzare l’attenzione e inchiodare l’emotività dello spettatore allo schermo come carta moschicida. Già, perché senza di lui e senza la sua straordinaria presenza scenica (che avrebbe meritato il Golden Globe come miglior interpretazione ever), la serie sarebbe stata tutta un’altra cosa. Tuttavia, “The Jinx” ha radicalmente rivoluzionato un genere e aperto nuove frontiere alla docufiction; strumento cui la Televisione, non a caso, sta facendo sempre più ricorso nell’ambito delle nuove produzioni crime e legal (su tutti, i recentissimi “Making a Murderer”; American Crime Story).
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Presentato da:
Serial K Le serie TV in Radio è l’unica trasmissione radiofonica interamente dedicata alle Serie Tv e alla loro musica, presentata da Tommaso Gavioli, Giulio Muratori, Bebe Solazzi, Dodi Germano ed Eugenia Fattori. Nata nel 2014 in una piccola web radio di Ferrara (Radio Strike), dal settembre 2015 va in onda in diretta FM e streaming ogni lunedì alle 20,30 su Radio Città del Capo.
La trasmissione, della durata di un’ora, affronta con uno stile completamente nuovo la critica televisiva, mescolando analisi serie, una buona dose di ironia, molta attualità, humour e trivialità e soprattutto tanta musica proveniente direttamente dai titoli affrontati nel corso della serata.
Ogni puntata ha un tema che fa da punto di riferimento per la scelta delle serie di cui parlare, normalmente una decina per episodio, suddivise nelle tante rubriche della trasmissione che le posizionano tra le novità, tra le rarità, tra quelle da salvare solo nel proprio intimo televisivo oppure quelle da evitare con forza, passando per un omaggio all’attrice Bravissima o all’attore Poverone della settimana, ovvero coloro che non verranno ricordati certo per le loro doti artistiche. Dal medical al crime, dal drama alla guerra, dalla comedy al scifi, serie vecchie e serie nuove, serie da massacrare e serie a cui affezionarsi, aggiornamenti, news, musica di alto livello e soprattutto un occhio aperto sulle serie rare e spesso sconosciute, ma assolutamente da non perdere, motivo per il quale Serial K Le serie Tv in Radio rappresenta un unicum per il pubblico che può sfruttarne i consigli per vedere cose nuove e non per forza le “serie di cui tutti parlano”.
Un progetto sperimentale unico in Italia dove normalmente si trovano solo rubriche ed esperti all’interno di trasmissioni radiofoniche più generaliste che ha raccolto molti consensi anche perché realizzato attraverso un mezzo, la radio appunto, tradizionalmente poco avvezzo alla trattazione del mondo seriale, oggi diffuso e analizzato in prevalenza sul web. Un progetto innovativo che è molto piaciuto anche ad altre realtà importanti di questo panorama che hanno deciso di divenire nostri partners: dalla più grande Community italiana di sottotitoli Subspedia fino ad uno dei blog critici più importanti d’Italia, Seriangolo.it.
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