di Valentina Pietrarca
Martedì 15 Aprile il Cinema Beltrade di Milano ospiterà il quinto appuntamento della quarta stagione di Indocili, la rassegna organizzata dall’associazione Tafano con l’obiettivo di promuovere giovani registe e registi di cinema indipendente italiano.
I film proiettati, Il compleanno di Enrico di Francesco Sossai (che sarà in concorso nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes con il film Le città di pianura) e Tutto apposto gioia mia di Chloé Lecci Lopez, restituiscono la potenza di uno sguardo bambino che indaga il maschile e il paterno.
Alla ricerca del padre
“Il compleanno di Enrico è un film per mio padre”, ha esordito Sossai quando ho chiesto ai due autori di approfondire la riflessione sulle figure paterne delineate nei due film. “Il padre è padre, ma è anche figlio di qualcun altro, per questo è sempre un po’ inafferrabile”. È proprio questa inafferrabilità che unisce a filo doppio il documentario di Lecci Lopez e il cortometraggio di finzione di Sossai, che la ritraggono attraverso due forme filmiche differentemente codificate.
Tutto apposto gioia mia è la ricerca dell’autrice di una chiave di comprensione per l’infanzia di suo padre, adolescente ribelle cresciuto a Catania che al tempo della narrazione è incarcerato in Spagna. Lecci Lopez attraversa le strade e i luoghi della città confrontandosi, senza giudizi di sorta, con una generazione di giovani uomini che incarna il contraddittorio rapporto tra il potere costituito e la microcriminalità.
“Quando mio padre è stato arrestato volevo trovare dei giovani siciliani che vivevano nel suo stesso quartiere. Ancora non avevo scritto niente, non sapevo veramente cosa stavo cercando, se stavo veramente facendo un film”. Lo sguardo dell’autrice si concentra soprattutto sul diciottenne Giulio, che sembra fatto per la macchina da presa e nel cui volto Lecci Lopez cerca i segni del passato di suo padre, e sul cuginetto Samuele, un personaggio importante per il film perché “poteva creare uno spazio per immaginare il futuro”.
Anche Francesco, protagonista de Il compleanno di Enrico, cerca suo padre: il suo sguardo lo segue all’inizio e alla fine del film, quando lui è solo una figura di spalle o una silhouette avvolta dall’ombra, forte e presente, ma mai totalmente comprensibile.
Il film è il racconto di un episodio d’infanzia autobiografico: un pomeriggio passato a casa di un compagno di classe per il suo compleanno, e l’inquietudine di osservare con occhi esterni un’altra casa, un’altra famiglia, altri rituali, altri vestiti, altri padri.
“Il tema era riuscire a creare due figure di padri perturbanti”, dice Sossai; il padre di Enrico, infatti, così diverso da quello di Francesco – ma ugualmente enigmatico – cattura più volte il suo interesse. Il paragone tra le due figure dà vita a quello che Sossai ha vissuto in infanzia come un profondo senso di straniamento, restituito nel film da una serie di immagini oniriche e una regia che richiama l’horror italiano di Lucio Fulci e Mario Bava.
Costruire lo sguardo con i giovani attori
Nella preparazione dei film, entrambi gli autori hanno creato un legame particolare con i protagonisti. Nel lavoro con Nicola Cannarella, protagonista de Il compleanno di Enrico, il regista ha cercato di individuare dei punti di contatto tra le paure che sentiva in infanzia e quelle che attanagliano un bambino di questa generazione, l’attesa di qualcosa di terribile che sta per arrivare. “Sono cresciuto con la guerra in Jugoslavia dietro casa, che sembrava non finire mai. Sono nato nell’orrore. Però noi andavamo in spiaggia e l’orrore era un po’ più indietro, un po’ più in là. Poi invece dal 2001, insomma, dalle Torri Gemelle, G8 di Genova e così via l’orrore è entrato in casa. E poi da lì tutto è cambiato…”.
È stata la madre di Sossai a proporgli Nicola come protagonista del film, anche se il giovane attore non gli somiglia fisicamente. “Paradossalmente, chi vede il film e mi conosceva da piccolo mi dice che lui ha gli stessi atteggiamenti che avevo io, perciò è successa una specie di strana sostituzione che mi ha colpito molto”, ammette Sossai.
Anche il legame tra Lecci Lopez e Giulio Catania si è formato in maniera inaspettata.
“All’inizio cercavo un profilo un po’ più invischiato nella criminalità,” ha detto “ma alla fine mi sono resa conto che per fare il film avevo bisogno di qualcuno con cui ero in confidenza. E Giulio si è aperto con me, ha capito subito cosa volevo fare con il mio film e ha creduto in me sin dall’inizio”. Un aspetto importante del lavoro con i soggetti dei suoi film, dice, è non tradire mai la loro fiducia. È questo principio che guida anche la maniera in cui manipola il materiale, soprattutto le registrazioni delle telefonate con suo padre dal carcere, che ha raccolto per due anni.
“Anche le conversazioni che sembrano molto vere, che sembrano organiche, in realtà sono state modificate”, dice. “Mi sono sentita autorizzata a modificarle, prendere un pezzo di un momento o di un altro per creare una conversazione che andasse bene in quella sequenza”. Per esprimere in maniera più diretta, aggiunge, quello che lei sentiva essere il senso più profondo di ciò che stava vivendo con suo padre.
Il compleanno di Enrico e Tutto apposto gioia mia utilizzano il cinema come strumento per re- inquadreare il passato, per cercare nuovi significati al vissuto d’infanzia, ben consci della possibilità che questi significati potrebbero non arrivare mai.
I due film saranno proiettati il 15 Aprile, alle ore 22.00, nella sala del Cinema Beltrade di Milano. Alla proiezione seguirà l’incontro con gli autori moderato da Cristina Resa (incompetenti podcast).